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Posts Tagged ‘politica’

Indispensabili: Ho sognato una banca – Cap. 2)

Posted by giannigirotto su 18 luglio 2011

Sono veramente molto felice di inserire nella mia sezione “Indispensabili” questo libro che ritengo tale per la sua proposività e dimostrazione che il mondo si può cambiare, eccome. Infatti questo non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, in particolare in questo caso nel settore dell’economia e della finanza, ma al contrario è la vera storia di un sogno, di un’utopia che ora non è più tale: per l’appunto la nascita di una banca etica, un’apparente contraddizione di termini che in questo caso però è reale e provata.  Giusto per darvi un assaggio del risultato finale e stimolarvi a leggere, Banca Etica:

ha rifiutato i capitali rientrati con il famigerato “Scudo fiscale” di Tremonti;
➔ pubblica sul proprio sito Internet in maniera trasparente e visibile a tutti, l’elenco dei  prestiti concessi alle persone giuridiche;
➔ non investe nei tipici strumenti speculativi che nel 2008 hanno causato la gravissima crisi finanziaria che tutti conosciamo e abbiamo subito;
➔ ogni socio dispone di un voto, a prescindere dal numero di azioni possedute (max 10 deleghe), quindi non esiste un “pacchetto di controllo”;
ha creato un’apposita ESCO, denominato “Innesco” che lavora su progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili. Finanzia GAS fotovoltaici;
➔ ha  passato positivamente “l’esame” di Altroconsumo sull’eticità delle banche (vedi rivista “Soldi & Diritti” n.99 di marzo 2008);
➔ accompagna ogni prestito, mutuo, finanziamento deliberato, da una Valutazione Socio-Ambientale che misura l’impatto sociale del progetto da finanziare e il relativo rispetto dei  principi etici della banca;
➔ utilizza la tecnica dell’ “Azionariato critico” per fare pressione presso le grandi aziende/multinazionali e indurle ad un comportamento il più possibile etico;
➔ riesce a coniugare l’etica con rendimenti grazie ai propri fondi di investimento Etici, che negli ultimi anni hanno vinto numerosi riconoscimenti internazionali;

➔ per altri approfondimenti cliccate qui

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Capitolo 2) Honduras 1992: non c’è tempo da perdere

… L’idea di una banca “etica” come motore di un’economia partecipata e solidale è venuta a un gruppo di persone impegnate in ambiti diversi, ognuno con la propria esperienza di impegno personale: attività sindacale e politica, volontariato, associazionismo. Il mio percorso è partito dalla parrocchia, dai movimenti per la pace e si è incrociato poi con il commercio equo e solidale e la cooperazione tra Nord e Sud del mondo. I passaggi che mi hanno portato verso la finanza elica sono molti, ma ce n’è uno in particolare che considero decisivo. Un momento in cui ho capito che nulla sarebbe più stato come prima.

Era l’inizio di giugno del 1992 e stavo seduto alla mia scrivania in un ufficio nel centro di Padova. A quei tempi ero presidente di Ctm-Mag, un consorzio finanziario che offriva piccoli prestiti ai paesi in via di sviluppo. Una mattina ricevo una telefonata dall’Honduras.

La telefonata è una disperata richiesta d’aiuto da parte di una piccola cooperativa di coltivatori di caffè, strozzati dagli intermediari commerciali, che s’impadroniscono del raccolto o con la forza o, quando va bene, pagandolo pochissimo, perpetuando così una situazione di costante miseria… questo circolo vizioso si potrebbe rompere solo se qualcuno prestasse loro i soldi in anticipo, prima del raccolto, in modo tale che i contadini non debbano cedere ai ricatti degli intermediari, ma sinora nessun istituto finanziario si è sognato di farlo… Salviato parte quindi per l’Honduras a visitare tale cooperativa…

… Dopo che hanno parlato altri due soci del consorzio, tocca a noi. Salgo sul palco e la sala piomba nel silenzio. Mi sono preparato un discorso, ma decido subito di parlare a braccio. Voglio guardare in faccia le persone venute ad ascoltarmi. Presento il nostro consorzio, spiego che la telefonata di Francisco mi ha molto colpito e che avremmo fatto di tutto per trovare una soluzione. Dopo la breve introduzione lancio la proposta. Abbiamo centosessanta milioni di lire, li possiamo prestare alla cooperativa dei cafetaleros dall’inizio del mese successivo. Con il nostro prestito il consorzio potrà anticipare i soldi ai contadini prima del raccolto. Potranno comprarsi da mangiare, iscrivere i bambini a scuola, investire in nuove attrezzature. In cambio si impegnano a produrre caffè in esclusiva per le botteghe del commercio equo. Dovranno migliorare la qualità, per rispettare gli standard richiesti dalle nostre certificazioni, ma potranno sempre contare su una rete di acquisto in Italia, che garantisce un prezzo equo: il doppio rispetto a quello pagato dai coyotes (gli intermediari commerciali, ndr)…

Tre settimane dopo parte il finanziamento per i cafetaleros. Lo gestiamo noi, senza appoggiarci a nessuna banca… è l’inizio di una pacifica rivoluzione positiva… il villaggio rinasce, l’economia locale riparte, le cooperative di cofetaleros si uniscono e si auto-organizzano sostituendosi sempre più spesso al ruolo dello stato…

… Oggi il primo consorzio di Francisco si è trasformato nella Central de Cooperativas Cafetaleras de Honduras, riunisce sessantadue cooperative di produttori ed è diventata la più grande associazione di cafetaleros del paese. In dieci anni centinaia di piccole aziende agricole riunite nella Central si sono organizzate per affrontare insieme i problemi legati al raccolto o alla variazione dei prezzi di mercato. Hanno anche formato un movimento politico per portare le proprie rivendicazioni in Parlamento, lanciando campagne di pressione sulle istituzioni. Nel 2003 sono riusciti a ottenere un riconoscimento fondamentale da parte del governo: con un decreto, il ministro dell’Economia dell’Honduras ha promulgato la legge “di riattivazione finanziaria del settore produttivo del caffè”, per pagare tutti i debiti dei produttori nei confronti delle banche…

… La storia dei cafetaleros mi ha segnato profondamente. Non solo perché mi ha riempito di fiducia nelle possibilità di riuscita di ogni azione sociale che parta dal basso, dai bisogni delle persone, ma anche perché ha scritto a chiare lettere nella mia mente il vocabolario che avremmo utilizzato per la costruzione di Banca Etica. La prima parola di questo mio personale dizionario economico è credito, inteso come “credere”, che in latino significa “dare fiducia”. Se tu dai fiducia a una persona, lei farà di tutto per non deluderti, soprattutto se la tua fiducia è l’unica possibilità che le viene offerta…

… Un altro concetto chiave che mi ha insegnato l’esperienza nel villaggio dell’Honduras è la rete. Il nostro consorzio, a Padova, era organizzato come una rete di cooperative e associazioni. È bastato alzare il telefono per ricevere il sostegno di tutti. Anche la cooperativa di La Esperanza era organizzata in una rete. Francisco non era da solo. Dietro di lui c’erano seimila famiglie. Se fosse caduto, l’avrebbero aiutato a rimettersi in piedi. Il progetto aveva avuto successo perché si erano attivate due reti che erano entrate in comunicazione, creando un moltiplicatore, sia nella raccolta dei fondi sia nel loro impiego. Banca Etica non potrebbe esistere oggi senza le reti delle persone che la sostengono, perché si basa su un’organizzazione dal basso dell’attività finanziaria. Non è composta da grandi gruppi industriali che investono milioni di euro in iniziative sociali, ma da migliaia di piccole organizzazioni che mettono a disposizione le loro risorse per aiutare altre organizzazioni che non ne hanno…

Per leggere gli altri capitoli cliccace qui…

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Come sempre vi ricordo  alcuni strumenti che possono migliorare la situazione, strumenti a disposizione di tutti:

1) Il primo strumento è ovvio e scontato, diventare soci di Banca Etica, diventare protagonisti di un cambiamento in positivo. Siamo già più di 35mila, quindi coraggio, sareste in ottima compagnia.

2) Non limitiamoci a Banca Etica. Ci sono naturalmente centinaia di altre iniziative egualmente meritevoli, che possono continuare sulla loro strada solo e solamente se ognuno di noi apporta il proprio contributo. Io elenco quello che conosco personalmente qui.

3) Per cambiare il mondo in positivo, dobbiamo innanzitutti cambiare in tal senso noi e i nostri figli. A tal scopo, nel mio piccolo ho  messo a disposizione nella sezione “Indispensabilidue libri molto famosi ed con ottima critica sull’educazione dei bambini, che servono in buona sostanza a “educare” i genitori, e con i quali naturalmente mi trovo estremamente in sintonia:  “Genitori efficaci” e “Il segreto dei bambini felici“, che vi invito senz’altro a leggere, vedrete che ne vale la pena…   :-)


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La «flessicurezza» della Danimarca

Posted in Agisci, Associazionismo, banche, Cooperazione, Donne, Etica, Indispensabili, Infrastrutture, Inganni, Lavoro/Impresa, monopoli, multinazionali, Povertà, Risparmio, sfruttamento, Società/Politica, Sostenibilità | Contrassegnato da tag: , , , , , , | Leave a Comment »

Indispensabili: Ho sognato una banca – Cap. 1)

Posted by giannigirotto su 14 luglio 2011

Sono veramente molto felice di inserire nella mia sezione “Indispensabili” questo libro che ritengo tale per la sua proposività e dimostrazione che il mondo si può cambiare, eccome. Infatti questo non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, in particolare in questo caso nel settore dell’economia e della finanza, ma al contrario è la vera storia di un sogno, di un’utopia che ora non è più tale: per l’appunto la nascita di una banca etica, un’apparente contraddizione di termini che in questo caso però è reale e provata.  Giusto per darvi un assaggio del risultato finale e stimolarvi a leggere, Banca Etica:

ha rifiutato i capitali rientrati con il famigerato “Scudo fiscale” di Tremonti;
➔ pubblica sul proprio sito Internet in maniera trasparente e visibile a tutti, l’elenco dei  prestiti concessi alle persone giuridiche;
➔ non investe nei tipici strumenti speculativi che nel 2008 hanno causato la gravissima crisi finanziaria che tutti conosciamo e abbiamo subito;
➔ ogni socio dispone di un voto, a prescindere dal numero di azioni possedute (max 10 deleghe), quindi non esiste un “pacchetto di controllo”;
ha creato un’apposita ESCO, denominato “Innesco” che lavora su progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili. Finanzia GAS fotovoltaici;
➔ ha  passato positivamente “l’esame” di Altroconsumo sull’eticità delle banche (vedi rivista “Soldi & Diritti” n.99 di marzo 2008);
➔ accompagna ogni prestito, mutuo, finanziamento deliberato, da una Valutazione Socio-Ambientale che misura l’impatto sociale del progetto da finanziare e il relativo rispetto dei  principi etici della banca;
➔ utilizza la tecnica dell’ “Azionariato critico” per fare pressione presso le grandi aziende/multinazionali e indurle ad un comportamento il più possibile etico;
➔ riesce a coniugare l’etica con rendimenti grazie ai propri fondi di investimento Etici, che negli ultimi anni hanno vinto numerosi riconoscimenti internazionali;

➔ per altri approfondimenti cliccate qui
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PREFAZIONE:

Questo è un libro singolare. Letteralmente. Perché si trat­ta della biografia di un’esperienza – e di un’organizzazione fi­nanziaria narrata in prima persona…

… Dalla Mag – cassa mutua finanziaria – al consumo so­lidale (ed equo) fino alla fondazione di un istituto bancario “etico”. Per i fini e le destinazioni che si propone. Per i meto­di che ne regolano le scelte e la gestione. Prima sede a Pado­va. Luogo d’origine di Salviate. Poi, la promozione di altri progetti di finanza etica in altri paesi europei. Con altre per­sone. In Francia e in Spagna – a Mondragon, nei Paesi Ba­schi. Ma anche in Belgio e altrove. Perché, annota Salviate, la Banca Etica del futuro è europea“. Come aveva intuito Alexander Langer. Insieme a padre Alex Zanotelli: gli angeli custodi della Banca Etica. Intorno, l’ambiente amico, dove Salviato si forma. Dove cresce l’esperienza di Banca Etica: l’associazionismo solidale, ecologista e pacifista del mondo laico, e cattolico. Arci, Legambiente, Acli, Cisl, Sindacato…

… Banalmente, significa tradurre le nostre aspirazioni e ispirazioni in un lavoro, un mezzo attraverso cui guadagnarsi da vivere. Non solo: mediante il quale aiutare gli altri a vivere meglio…

… Eppure Banca Etica è una storia di successo. Nel suo piccolo (che proprio piccolo non è), è singolare ed esemplare, la storia della Banca Etica. Perché nasce dalla volontà e dalla passione di molte, moltissime persone. Singole. Nasce dall’imprenditorialità di alcuni individui inquieti e innovativi. Disposti a rischiare avviando imprese “etiche”, ma che stanno e si misurano sul mercato. Senza perdere il senso della loro missione. Senza perdere di vista i loro obiettivi: sostenere la cooperazione sociale e internazionale, l’ambiente, la cultura e la società civile. Fare utili rendendosi utili

… La maggior parte dei cittadini (come emerge da una recente ricerca condotta da Demos per Banca Etica) oggi non ha fiducia nelle banche. Crede, con qualche buona ragione, che in passato abbiano agito in modo poco “etico”. E temono che dalla crisi degli ultimi anni non abbiano imparato abbastanza. Che, cioè, siano ben disposte a ripetere gli errori del passato recente anche nel futuro prossimo. (Come, purtroppo, suggeriscono alcuni segnali, molto preoccupanti.) Tuttavia, coloro che dichiarano esperienze e pratiche di finanza etica dimostrano orientamenti molto diversi e in controtendenza. Danno maggiore credito al credito e, insieme, dichiarano maggiore disponibilità a risparmiare e, soprattutto, a investire. Il che significa: l’etica è “produttiva”

Capitolo 1) Frigoriferi al Polo Nord

Questo capitolo inizia con la descrizione di come una Banca canadese abbia aperto una propria filiale in uno sperdutissimo villaggio del polo nord con 3000 abitanti, e di come la cosa abbia avuto successo perchè il rappresentante della banca mandato in avanscoperta abbia resistito un mese in quel luogo, aspettando pazientemente il colloquio promesso, adattandosi molto bene alla vita locale e guadagnandosi la fiducia degli abitanti, mentre prima, altri rappresentanti di altre banche non avevano avuto tale pazienza e se n’erano andati…

“Vincent piange di gioia, non si capacita. Non aveva mai vissuto una situazione così al limite dell’incredibile. Gli inuit avevano superato la diffidenza iniziale, ma lui aveva dovuto adattarsi, diventare per un mese “uno di loro”. Vincent aspetta all’albergo che arrivi Sokchiveneath e quindi si abbracciano, bevono una specie di vodka torbida e parlano del progetto fino a notte inoltrata.

Dopo il lungo racconto ritorniamo con i piedi per terra. Non è facile, l’avventura di Vincent mi ha assorbito completamente. Sokchiveneath mi spiega che ora stanno pensando alla costituzione di una vera e propria “banca degli inuit”, con l’assistenza tecnica della Caisse, che entrerebbe nel capitale. Mi chiede se Banca Etica vuole partecipare… Banca Etica prende il suo primo impegno: finanzieremo la nave cargo che partirà a settembre per i villaggi. Il resto si vedrà più avanti.

Intanto il progetto per portare l’attività bancaria solidale nei villaggi degli inuit è in pieno sviluppo. Secondo le stime delle istituzioni locali, costerà in tutto tre milioni di dollari in tre anni e si rivolgerà soprattutto ai giovani, visto che la popolazione del Nunavik ha un’età media di vent’anni.

La sfida della Cooperative de services financiers du Nunavik sarà quella di guadagnare come clienti i grandi datori di lavoro del Nord: le società pubbliche e parastatali e soprattutto la società Makivik, che gestisce i fondi pubblici percepiti dagli inuit in virtù della convenzione territoriale con il Québec e ha partecipazioni nelle maggiori imprese aeree, della pesca e dei trasporti marittimi.

… Il nostro ruolo, come quello di molte altre istituzioni di finanza etica, è quello di diventare una leva per lo sviluppo locale, attirando attorno a un’idea le forze migliori della società.”

Il progetto creerà da subito tredici nuovi posti di lavoro a tempo pieno e quattro part-time, tutti occupati da inuit che potranno lavorare allo sportello e rivolgersi alla clientela nella lingua e nei dialetti locali. Entro tre anni la cooperativa finanziaria dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio e cominciare a volare con le proprie ali. “Il nostro ruolo sarà via via meno decisivo,” continua Clément. “Saremo come la batteria che farà partire il motore. Poi, quando il progetto sarà decollato, la cooperativa finanziaria rimarrà legata a Desjardins, ma sarà gestita da una maggioranza di inuit”, facendo leva su un movimento cooperativo molto forte, che ha appena celebrato quarantenni di vita, e che, ogni anno gestisce un volume d’affari di quasi centocinquanta milioni di dollari.

per leggere gli altri capitoli cliccate qui…

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Come sempre vi ricordo  alcuni strumenti che possono migliorare la situazione, strumenti a disposizione di tutti:

1) Il primo strumento è ovvio e scontato, diventare soci di Banca Etica, diventare protagonisti di un cambiamento in positivo. Siamo già più di 35mila, quindi coraggio, sareste in ottima compagnia.

2) Non limitiamoci a Banca Etica. Ci sono naturalmente centinaia di altre iniziative egualmente meritevoli, che possono continuare sulla loro strada solo e solamente se ognuno di noi apporta il proprio contributo. Io elenco quello che conosco personalmente qui.

3) Per cambiare il mondo in positivo, dobbiamo innanzitutti cambiare in tal senso noi e i nostri figli. A tal scopo, nel mio piccolo ho  messo a disposizione nella sezione “Indispensabilidue libri molto famosi ed con ottima critica sull’educazione dei bambini, che servono in buona sostanza a “educare” i genitori, e con i quali naturalmente mi trovo estremamente in sintonia:  “Genitori efficaci” e “Il segreto dei bambini felici“, che vi invito senz’altro a leggere, vedrete che ne vale la pena…   :-)


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La «flessicurezza» della Danimarca

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Indispensabili: La decrescita felice – Decrescita, innovazione e progresso

Posted by giannigirotto su 21 marzo 2011

Non poteva mancare nella mia sezione Indispensabili questo scritto di Maurizio Pallante, che ovviamente rappresenta il punto d’unione di coloro che si riconoscono nell’omonimo Movimento per la Decrescita Felice.

Anche questo libro rientra tra i miei preferiti perchè non si limita a denunciare situazioni insostenibili, ma propone delle alternative concrete e virtuose, che ci consentono di mantenere un elevato livello qualitativo di vita, senza compromettere le risorse che lasceremo ai nostri figli.

Ecco l’estratto del capitolo (clicca sulla foto per vedere gli altri):

Decrescita, innovazione e progresso

Un sistema economico fondato sulla crescita del prodotto in­terno lordo è innovatore per necessità intrinseca. Per accrescere l’offerta di merci ha bisogno di continue innovazioni di processo finalizzate a incrementare la produttività, cioè le quantità prodotte nell’unità di tempo. Per accrescere la domanda ha bisogno di con­tinue innovazioni di prodotto finalizzate a rendere obsolete in tem­pi sempre più brevi le merci acquistate, in modo da abbreviare i tempi di sostituzione. Entrambe le innovazioni dipendono fonda­mentalmente dagli sviluppi della tecnologia, che a loro volta di­pendono dagli sviluppi della ricerca scientifica, anche se nelle in­novazioni di processo hanno un ruolo decisivo le innovazioni or­ganizzative e nelle innovazioni di prodotto hanno un ruolo altret­tanto importante le innovazioni estetiche. Maggiori sono le inno­vazioni, più rapida è la loro successione, maggiore è la crescita del­la produzione e del consumo di merci. In un sistema economico che misura la crescita del benessere con la crescita del prodotto interno lordo, l’innovazione diventa un valore in sé. Si identifica col concetto di miglioramento. Poiché le innovazioni cambiano di continuo la situazione esistente, la disponibilità al cambiamento assume un ruolo centrale nel sistema dei valori condivisi. Diventa una pubblica virtù. Viceversa, la resistenza nei confronti delle in­novazioni diventa un vizio da sradicare, una manifestazione di chiusura mentale da ridicolizzare, un atteggiamento d’altri tempi da condannare…

Il capitolo prosegue con una lunga spiegazione di come il suddetto atteggiamento possa essere, ed in effetti è stato, molto pericoloso, in quanto può portare ad una spirale di continua distruzione del passato per far posto al futuro, ma eliminando in questo processo di distruzione anche molte cose, sia a livello di manufatti sia di ambiente naturale, che invece meritano ed in molti casi DEVONO essere salvate, in primis appunto l’ambiente naturale… tale atteggiamento, tutora  non mediato dal buon senso, comporta anche che… ciò che le innovazioni rendono vecchio e superato in tempi sempre più brevi, in parallelo alla crescita delle merci si ha una direttamente proporzionale crescita dei rifiuti. Più rapide sono le innovazioni di processo e di prodotto, più rapidamente invecchia­no e vengono sostituiti i manufatti e gli oggetti, più rapida è la crescita dei rifiuti. Oltre certi livelli può diventare addirittura superiore alla crescita del prodotto interno lordo. Tra il 2000 e il 2003 la produzione di rifiuti in Italia è cresciuta del 3,8 per cento, la produzione di merci del 2,4 per cento…

In parallelo alla crescita dei rifiuti, la crescita della produzione e della produttività comportano un proporzionale incremento del consumo di risorse e scaricano negli ambienti quantità crescenti di emissioni inquinanti. Nei processi produttivi in cui si utilizzano materie prime rinnovabili, l’esigenza di averne sempre di più spin­ge a forzare artificialmente i ritmi della loro riproduzione (come si verifica con le risorse agricole), mentre nei processi produttivi in cui si utilizzano materie prime non rinnovabili, induce a pro­durre sostanze alternative di sintesi (come fanno le varie branche dell’industria chimica) o a intervenire sulla struttura della materia (l’energia nucleare e le biotecnologie). Inoltre, la concorrenza im­pone che le innovazioni tecnologiche di processo vengano finaliz­zate a ridurre i costi di produzione e accrescere la produttività, fa­cendo passare in secondo piano, o ignorare del tutto, la valutazione del loro impatto ambientale. Così, per decenni, i processi di produzione industriale e agricola hanno scaricato nell’aria, nelle acque e nei suoli quantità crescenti di sostanze inquinanti gassose, liquide e solide…

A livello di politica…

l’obiettivo della crescita è comune ai due schieramenti, che si dividono sui mezzi per raggiungerlo e sui mo­di di distribuirne i benefici tra le classi sociali. I contendenti di entrambi i fronti partono dal presupposto che più la torta è gran­de e più ce n’è per tutti. Per i partiti di destra, con varie sfumatu­re, il mercato è lo strumento più efficace per farla crescere e per dividerne nel modo migliore le fette tra i soggetti che hanno contribuito a farla crescere col loro lavoro. La possibilità di inserire qualche correttivo politico non la escludono, purché non stravol­ga gli equilibri definiti di volta in volta dalla dinamica della do­manda e dell’offerta. Per i partiti di sinistra lo Stato deve invece intervenire nell’economia per ridistribuire in maniera più equa il reddito tra le classi sociali. A tal fine deve usare la leva fiscale per tassare in maniera progressiva i redditi più alti e spendere i pro­venti in servizi sociali e sostegni ai più disagiati. Altrimenti la cre­scita aumenterebbe le diseguaglianze, facendo pagare con un peg­gioramento delle condizioni di vita dei più deboli l’aumento dei privilegi dei più forti. Quale delle due posizioni fa crescere di più il prodotto interno lordo? Quale è più progressista? Se lo Stato interviene per attuare una distribuzione più equa del reddito tra le classi sociali, aumenta la quota del reddito destinata ai consu­mi. Di conseguenza la quota destinata agli investimenti si riduce. Se non interviene e lascia fare al mercato, la quota del reddito de­stinata ai consumi diminuisce e aumenta quella disponibile per gli investimenti in innovazioni tecnologiche. Pertanto, un’economia che non si pone il fine di una maggiore equità cresce di più e più in fretta di un’economia che se lo pone. Un’economia più giusta è meno produttiva e un’economia più produttiva è meno giusta. Se si fanno le fette più uguali, la torta resta più piccola e le fette sono più piccole. Se si fanno le fette meno uguali la torta diventa più grande e le sue fette più piccole possono essere più grandi delle fette più grandi della torta più piccola. Nei paesi industrializzati si è relativamente poveri con un reddito prò capite inferiore ai 500 euro. Nei paesi dell’ex blocco sovietico le buste paga raggiungono a mala pena la metà di questo valore. La povertà assoluta del pro­letariato di Londra nella seconda metà dell’Ottocento, descritta nella sua drammaticità in tante opere sociologiche, letterarie e ar-tistiche, ha consentito di investire in innovazioni tecnologiche che hanno accresciuto la produzione di merci fino al punto in cui, un secolo dopo, per trovare una domanda capace di assorbirle è sta­to necessario ampliare la fascia dei consumatori accrescendo il reddito monetario degli strati sociali più poveri. Le fette più pic­cole della grande torta che ora essi mangiano sarebbero ritagliate da una torta più piccola e sarebbero molto più piccole se non ci fosse stata la fame dei loro antenati, ma dalla sazietà e dagli spre­chi dei discendenti non traggono giovamento le sofferenze che es­si hanno patito. Come non ne traggono giovamento le sofferenze dei quattro quinti dell’umanità ai quali, per fare grande quella tor­ta di cui le classi subalterne dei paesi sviluppati mangiano le fette più piccole, viene sottratto ciò che è necessario per vivere. Un’e­conomia finalizzata alla crescita della produzione di merci non può non essere ingiusta. Non può non generare sofferenze sem­pre più acute e diffuse…

In definitiva… La libertà e la democrazia non possono essere limitate all’alternativa tra le due varianti interne allo stesso paradigma: destra o sinistra. O rinchiuse nello spazio ancora più angusto tra le due opzioni più simili delle due varianti: centrode­stra e centrosinistra. La libertà e la democrazia, per essere tali de­vono includere la possibilità di rimettere in discussione il paradig­ma e progettarne un altro. Chi rimette in discussione il paradigma progressista è più progressista dei progressisti che lo considerano un dogma intoccabile. Ma è anche conservatore, perché la critica dell’innovazione come valore in sé implica una rivalutazione del passato e il riconoscimento che non tutti i cambiamenti sono stati miglioramenti. Il progresso non esclude la conservazione, ma si realizza con una serie di aggiunte a un patrimonio di sapere e sa­per fare ereditato dalle generazioni precedenti. Chi critica il valore della crescita economica e l’ideologia progressista, rimette in di­scussione le categorie concettuali su cui si fonda la modernità…

quali innovazioni quindi conviene accettare e quali rifiutare: ovviamente si deve valutare caso per caso, ma il criterio ultimo è sempre quello della sostenibilià nel tempo, di ciclo chiuso… un sistema economico che pretende di accrescere in­definitamente la produzione di merci mentre le risorse sono limi­tate ed è limitata la capacità dell’ecosistema terrestre di assorbire le scorie della produzione, non ha potenzialità di futuro. Al livello di sviluppo raggiunto si sta già scontrando con i limiti del pianeta. Solo un sistema economico finalizzato a ridurre al minimo il con­sumo di risorse e la produzione di rifiuti, che riduce gli sprechi, aumenta la durata di vita degli oggetti e ricicla le materie prime contenute in quelli dismessi, utilizza le innovazioni tecnologiche per attenuare al minimo l’impatto ambientale dei processi pro­duttivi e non per aumentare la produttività, sviluppa al massimo l’autoproduzione di beni, le filiere corte, gli scambi non mercanti­li, in una parola, solo un’economia della decrescita ha una poten­zialità di futuro…

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Indispensabili: L’anticasta – Per un’Etica dell’utopia

Posted by giannigirotto su 2 dicembre 2010

Dopo aver inserito diverso tempo fa il libro “La Casta” nella mia sezione “Indispensabili“, sono estremamente felice di poter iniziare l’inserimento di estratti, capitolo per capitolo, di questo testo che spero diventi un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono utilizzare le esperienze positive già portate a termine in varie località italiane, per replicarle ovunque sia opportuno. Segnalo solo che questo libro parla di esperienze italiane, mentre in un altro testo, “Voglia di Cambiare“, sempre presente nella sezione “Indispensabili“, sono contenute le esperienze di successo avvenute in vari Paesi Europei.

Ecco ora il capitolo (clicca sulla copertina per vedere gli altri…):

PER UN’ETICA DELL’UTOPIA

di ALEX ZANOTELLI

Credo che il problema centrale della nostra società sia un problema etico. Il cuore della nostra crisi è la mancanza di un etica sia personale che sociale….

Fromm ritiene che la vita è bella quando la si dona, quando la si dà. Fromm mette alla base di una sana psicologia il detto di Gesù: “Fratello/sorella, se la tua vita la tie­ni per te sei morto! Ma se sei capace di darla, di donarla sei vivo! (Marco 8, 35)”. Si è vivi, gioiosi, felici quando si dà o si dona; si è tristi e infelici quando ci si rinchiude in sé stessi…..invece…La costrizione al consumo è diventata per noi tanto profon­da quanto il bisogno di sopravvivere, perché il modello consumistico rivela che il nostro stesso essere e scopo sono cal­colabili unicamente in termini di ciò che possediamo sono misurabili soltanto secondo quanto abbiamo e prendiamo….diventiamo cose, anzi tubi digerenti. È così che si crea ‘O Sistema….

II nostro è un sistema idolatrico a cui siamo pronti sacrificare gli esseri umani sia per fame (dieci milioni di morti all’anno), sia per guerra. Siamo oggi disposti a sacrificare anche lo stesso Pianeta (l’incombente crisi ecolo­gica)….

Siamo tutti oggi convocati a scegliere tra la vita e la morte. E non è più sufficiente dirlo con le parole, ma con le scelte quotidiane in campo economica, politi­co, Sociale, familiare. Òggi l’uomo deve fare una scelta epocale…. Perché questo avvenga, ogni uomo e ogni donna do­vranno fare un grande salto di qualità in umanità e di to­tale apertura all’altro. Deve nascere l’uomo nuovo. Ma l’uomo nuovo dovrà poi imparare a tradurre tutta questa ricchezza personale in campo sociale, politico, economico e ambientale…

Sapremo noi fare questo passaggio epocale in tempi i relativamente brevi e su scala planetaria? ….. Già compaiono qua e là i germogli di un mondo nuovo, di cui le esperienze raccontate in questo libro sono limpidi esempi.

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Indispensabili: L’anticasta – i Gruppi d’Acquisto

Posted by giannigirotto su 24 novembre 2010

Dopo aver inserito diverso tempo fa il libro “La Casta” nella mia sezione “Indispensabili“, sono estremamente felice di poter iniziare l’inserimento di estratti, capitolo per capitolo, di questo testo che spero diventi un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono utilizzare le esperienze positive già portate a termine in varie località italiane, per replicarle ovunque sia opportuno. Segnalo solo che questo libro parla di esperienze italiane, mentre in un altro testo, “Voglia di Cambiare“, sempre presente nella sezione “Indispensabili“, sono contenute le esperienze di successo avvenute in vari Paesi Europei.

Invito tutti, una volta letto questi interessatissimi estratti, di comprare il testo originale per poter completare la lettura, e magari a regalarne una copia ai propri consiglieri comunali, per far loro vedere come un’altro modo di amministrare è possibile.

Iniziamo pertanto con il primo esaltante capitolo che si potrebbe riassumere nello slogan “consumatori di tutto il mondo unitevi”… :

VINCERE LA PAURA DEL CAMBIAMENTO -risparmiare conviene e tanti iniziano a capirlo (di Jacopo Fo)

…….. C’è cibo in sovrabbondan­za: ogni anno buttiamo via la metà del cibo che producia­mo sulla Terra. E fabbrichiamo molti più tessuti di quanti ce ne possa­no servire. Bruciamo quattro volte i combustibili di cui avremmo bisogno perché non isoliamo le nostre abitazioni e usiamo mezzi di trasporto spinti da motori obsoleti e inefficienti…………

le multinazionali potrebbero risparmiare l’80-90% delle materie prime e dell’energia che consumano. Questa affermazione si basa sull’a­nalisi di decine di tecnologie innovative qua e là sperimentate

Jacopo Fo fa poi un brevissimo elenco dell’enorme spreco che lo Stato Italiano produce costantemente, affermando che una gestione corretta, normale, “non da ladri e cretini”, porterebbe ad un radicale mutamento in meglio della situazione sociale…………

Nel 1998, dopo aver letto Il banchiere dei poveri di Muhammad Yunus decisi di cercare anch’io di fare qualche cosa di concreto nel campo dell’economia. Per anni avevo dedicato tutte le mie energie alla produzione artistica e alla diffusione della cultura ribelle sbocciata negli anni settanta. Mi misi in testa di provare a diffondere pannelli solari per l’acqua calda e gruppi di acquisto di servizi (banca, assicu­razione, telefonia). L’idea, semplice, era che si potesse crea­re una struttura che oltre a diffondere principi di cooperazione ed ecologia mettesse a disposizione le nuove ecotecnologie e altri prodotti a prezzi onesti e con garanzie solide per i consumatori. Individuammo una serie di prodotti, li testammo, stipulammo contratti, creammo una serie di siti internet tematici e iniziammo a proporre il nostro pacchet­to innovativo e conveniente investendo parecchio denaro e lavoro nella diffusione della nostra proposta………….Quando finalmente il 28 febbraio 2007 la legge fu approvata nella forma corretta, partimmo con il gruppo di acquisto dei pannelli fotovoltaici raccogliendo in pochissimo tempo centinaia di adesioni e un’enorme risposta dal punto di vista dell’inte­resse: più di mezzo milione di persone entrò nella pagina web che Spiegava tutti i problemi relativi al fotovoltaico e come intendevamo affrontarli con il gruppo d’acquisto…………

Io credo che il fulcro del mantenimento del si­stema della violenza e della sopraffazione dipenda dalla forza dell’abitudine…..invece… Le esperienze degli ecovillaggi, dèi gruppi di acquisto, del commercio equo e solidale, delle banche del tempo, delle cooperative, mostrano che, a parità di reddito, le per­sone che fanno queste scelte hanno un tenore di vita più alto e una socialità più ricca e piacevole……

Ma la consociazione di questo gruppo è solo parziale. Bisognerebbe arrivare anche all’acquisto collettivo di au­to, elettrodomestici, case, assicurazioni e servizi bancali, riscaldamento, elettricità ecc. Il risparmio che si otterreb­be estendendo i gruppi di acquisto a tutti i prodotti e servizi raggiungerebbe l’equivalente di 3 stipendi all’anno.

Ciò significa cambiare radicalmente la situazione eco­nomica di una famiglia. Ma queste esperienze si diffondo­no con estrema lentezza nell’Occidente industrializzato. Diversa la situazione nei Paesi poveri dove le difficoltà spingono a buttarsi con meno paura nelle opportunità nuove che si presentano. Da noi invece i cambiamenti sono spesso rimandati se non sono strettamente necessari (cioè solo quando l’acqua tocca il sedere si impara a nuotare, ndr….)…... Poi mi sono dedicato a trovare anche il mo­do di finanziare tutto l’investimento necessario….. Ora sono arrivato al punto di offrire non solo un risparmio fin dal primo anno ma addirittura un anticipo in contanti, all’atto della firma del contratto, sui risparmi degli anni futuri…

…Che cosa succede se mettiamo insieme il risparmio energetico, i gruppi di acquisto, il microcredito e le impre­se capitaliste etiche? Otteniamo un mondo in cui le scelte di fondo delle multinazionali sono condizionate dai con­sumatori consociati che entrano nel merito della qualità dei prodotti. Oggi milioni di automobilisti desidererebbe­ro l’auto elettrica che si ricarica con i pannelli solari. Ma quest’auto al momento non è disponibile sul mercato non perché non sia possibile costruirla ma perché la domanda e l’offerta non s’incontrano………..

…se un gruppo di centomila consumatori si consociasse potrebbe avere subito un’auto elettrica e potrebbe perfino imporre scelte co­struttive. E otterrebbe anche prezzi molto interessanti. I gruppi di acquisto hanno un potere contrattuale potenzia­le enorme… I consumatori consociati possono offrire la sicurezza delle vendite attraverso acquisti programmati e al contempo tagliare i costi e i problemi legati alla vendita… E se un gruppo di consumatori può ordinare a un’azienda un’auto elettrica, può anche preten­dere che gli operai che la producono siano pagati in modo giusto e che durante il processo produttivo non siano causati danni all’ambiente. La consociazione degli acqui­sti avrebbe la possibilità di dissuadere gli imprenditori malvagi dal fomentare guerre e disastri ambientali, per­ché in un mercato controllato dai consumatori questi comportamenti verrebbero penalizzati dall’esclusione di queste imprese dal mercato consociato.

La consociazione degli acqui­sti avrebbe la possibilità di dissuadere gli imprenditori malvagi dal fomentare guerre e disastri ambientali, per­ché in un mercato controllato dai consumatori questi comportamenti verrebbero penalizzati dall’esclusione di queste imprese dal mercato consociato. I consumatori che diventano protagonisti dei loro stili di vita poi stanno anche molto attenti alla qualità dei poli­tici che votano, pretendendo da loro la stessa qualità che cercano nei consumi. Sono convinto che questo meccanismo si svilupperà in modo prepotente nei pròssimi vent’anni. Questo avverrà anche sulla spinta della neces­sità per tutte le famiglie di capire i propri consumi energe­tici e diminuirli drasticamente. Inoltre molti diventeranno microproduttori di energia dal sole o dal vento e anche questa democrazia energetica contribuirà a far crescere la cultura della razionalizzazione dei consumi.La conoscenza dei costi energetici sarà per molti il pri­mo passo verso lo sviluppo di una nuova coscienza dei consumi. E sarà questa nuova coscienza a cambiare il no­stro modo di vivere.Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per le ammini­strazioni pubbliche. Già esistono esperienze, come viene mostrato in questo libro, di discussione pubblica delle scelte e dei bilanci comunali, ma in questa direzione si po­trebbe fare molto di più rendendo trasparenti e visibili in rete appalti, liste di attesa di ospedali, costi di ogni ufficio e tassi di produttività. E qui mi fermo.Nei prossimi anni vedremo come evolveranno le cose.Io credo che si svilupperanno in questa direzione.

I consumatori hanno il potere sul mondo. Devono solo accorgersene e connettersi in rete.

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I miei “Credo”: Internet e democrazia

Posted by giannigirotto su 30 luglio 2010

Che in linea di principio Internet sia uno strumento potenzialmente utilissimo alla democrazia, penso sia un concetto difficilmente opinabile.

Credo sia certamente utile in fase informativa, consentendo una pluralità e una libertà di fonti assolutamente non paragonabile a nessun altro mezzo.

I problemi e i dibattiti iniziano invece quando si passa alla fase di discussione/valutazione e votazione di proposte normative, perchè qui si passa dal dire al fare, e come al solito ci sta di mezzo il mare. E le ragioni sono, credo, diverse, provo a sistematizzarle:

a) L’inesistenza di uno specifico strumento/piattaforma Internet di utilizzo pratico che renda possibile organizzare le azioni per operare in tal senso ad una massa il più possibile vasta di persone (e se esiste nè io nè tanti altri amici del “terzo settore” lo conoscono). Infatti i tipici strumenti di social network offrono sì ampie possibilità di discussione, ma al momento di organizzare le stesse o semplicemente “votare” in senso stretto una proposta piuttosto che un’altra si fermano, non essendo naturalmente stati creati per questo e non avendo quindi tali funzionalità incorporate. Per questo aspetto è quindi auspicabile che possa vedere la luce al più presto il progetto “Agorà 2.0“, che al momento viene portato avanti naturalmente da gruppi più o meno organizzati di volontari di ONG varie e del terzo settore in generale. Invito tutti coloro che sono interessati e possono contribuire pertanto a visitare il sito relativo e farsi avanti con i promotori.

b) L’accessibilità/pervasività/velocità ed economicità della rete: qui torniamo all’ormai ripetitivo e sconfortate dibattito sul ritardo e l’arretratezza delle nostri linee di telecomunicazione. A mio avviso il problema è uno solo: politico. E il motivo è semplice: i “politici” di professione temono come l’acqua santa Internet, sanno che è altamente destabilizzante (per loro), che può effettivamente aumentare il livello di conoscenza e partecipazione democratica dei cittadini, e quindi da un lato da diversi anni cercano di mettergli il “bavaglio“, dall’altro, molto più prosaicamente, subdolamente e direi anche efficacemente, rallentano e boicottano lo sviluppo della “banda larga”, cioè della possibilità di usare Internet con una velocità e quindi fruibilità decente. Oserei dire che vi è pure un terzo fattore da considerare: la scarsità di servizio tramite la linea telefonica classica, favorisce il prosperare delle offerte economiche “alternative” dei vari operatori commerciali, vuoi le “chiavette” USB o similari delle varie Vodafone, TIM, WIND ecc., vuoi le soluzioni satellitari, vuoi altri tipi di soluzione…..che qualcuno potrebbe pensare ci siano delle “tangenti” sui fatturati così ottenuti? nooo lo escluderei vero, quando mai? A corredo vi è il problema del costo del dispositivo che ci consente di “navigare” in Internet. Vuoi che sia un telefonino cellulare/smartphone che dir si voglia, vuoi che sia un computer in tutte le sue forme e variazioni, stà di fatto che in ogni caso siamo comunque di fronte ad un costo che per una certa fascia non indifferente di cittadini è tutt’altro che ininfluente.

c) Le competenze. E qui dobbiamo distinguere nettamente tra:

c1) Le competenze nell’utilizzo di Internet. Questo è forse il problema minore, e purtattavia non è affatto risolto. Vi sono milioni di persone, tra le quali molti validissimi anziani che portano con sè un bagaglio esperenziale e di “saggezza di vita” non indifferente, che però sono attualmente esclusi dall’utilizzo dello strumento ITC in generale ed Internet in particolare. Ovviamente il problema si può risolvere in larga misura con un minimo di formazione, che li metta in grado semplicemente di “navigare” in Internet e saper compiere le funzioni indispensabili per essere utenti attivi dello stesso, e non meri spettatori. Ripeto, il problema è tutt’altro che risolto, e personalmente per quanto riguarda la volontà politica in proposito, valgono esattamente le stesse considerazioni fatte al punto precedente.

c2) La competenza in senso lato. E qui le cose si complicano assai. Infatti nel momento in cui vi fosse disponibile una piattaforma web con le funzionalità di organizzare e una serie di discussioni su varie tematiche, e votare le rispettive soluzioni preferite, ecco che alle stesse potrebbero partecipare anche persone che sono scarsamente o per nulla competenti in una tal materia. Peggio ancora persone che in malafede agiscono per influenzare gli altri partecipanti e spingerli in una determinata direzione. Fortunatamente ci possono essere degli ottimi sistemi per minimizzare questi “pericoli”, come per esempio il meccanismo già previsto dalla piattaforma suddetta “Agorà 2.0” per la dichiarazione delle proprie competenze, ed altri meccanismi di acquisizione di “punteggi di merito” legati alla quantità e qualità di apporti forniti. Il vantaggio come al solito è quello della trasparenza e della accessibilità totale da parte di tutti i partecipanti a quella determinata discussione, che quindi possono anche contestare in maniera puntuale eventuali dichiarazioni ed esperienze proclamate da qualcuno, che ritengono non veritiere. Qualcun altro potrebbe obiettare che ci sarebbe il rischio di “livellamento” della discussione al livello dei partecipanti meno competenti, ma io ritengo al contrario che da una parte, dopo un periodo di rodaggio, gli utenti saprebbero discernere le proposte sottoposte dai soggetti più competenti, e dall’altra proprio quest’ultime farebbero salire velocemente il livello di competenza media dei partecipanti alla discussione.

Insomma, non si può pensare e pretendere, a mio avviso, che la semplice presenza e disponibilità di uno strumento organizzativo evoluto comporti automaticamente la risoluzione di determinati problemi, ma certamente lo ritengo un grandissimo passo in avanti verso tale direzione.

Come al solito poi il destino di tale “strumento” dipenderà dalla buona volontà di tutti, dal momento che si dovrà passare da una fase meramente “criticativa” che a tutt’oggi permea molti ambienti di discussione e social network, ad una fase propositiva e costruttiva, ed alla fine anche aggregativa, probabilmente anche politica. Menziono anche la fase politica perchè se è vero che per determinate situazioni sarà necessario e sufficente un cambiamento, in senso di crescita, “culturale” e “personale” di ciascuno di noi, per altre sarà comunque indispensabile arrivare a far sì che la normativa in materia rispecchi quanto risultante dalla discussione democratica dei cittadini. E se la politica tradizionale non volesse ottemperare, quale altra soluzione rimane se non unire le forze delle varie associazioni che hanno messo in piedi tale strumento?

d) la saturazione da troppe informazioni: ebbene sì, questo è un serio effetto collaterale di Internet. Tutti quelli che hanno un account su facebook con più di un centinaio di “amici”, che usano anche altri social network, che fanno parte di Ong e Associazioni varie che comunicano anche via Internet, che si sono iscritti a diverse newsletter tematiche, ecc. ecc. ecc., conoscono bene questa situazione……si arriva ad un punto in cui semplicemente non si riesce nemmeno a dare una letta veloce a tutte le notizie che arrivano, figuriamoci verificarle ed approfondirle. In più diventa difficile e penoso scegliere le priorità e le urgenze a cui dare la preferenza del nostro tempo libero. Anche in questo caso tuttavia uno strumento di gestione delle problematiche, condivisibile da tutti via Internet, risulterebbe estremamente utile proprio perchè permetterebbe di passare da una fase di divulgazione e di critica di una determinata situazione, ad una fase in cui la si discute e si propongono le possibili soluzioni, facendo una volta per tutte il punto della situazione, anzichè lasciare che un determinato problema si trascini e ciclicamente torni alla ribalta dell’attenzione pubblica. E’ ovvio poi che ciascuno di noi deve scegliere gli argomenti su cui concentrare la propria attenzione, in base alle proprie competenze, disponibilità e perchè no anche desideri. Sarebbe infatti già un bel passo avanti se ciascuno di noi contribuisse a partecipare alla discussione ed alle proposte risolvere/dirigere una determinata questione.

e) la questione culturale: avere uno strumento di gestione democratica condivisa non è sufficente se non vi è una cultura che lo supporti. Forse l’italiano medio è abituato ormai da troppe generazioni ad essere un “passivo” lettore di giornali e spettatore televisivo, e ugualmente abituato a disinteressarsi dell’aspetto politico e sociale, delegando ai politici la cura della casa comune. E’ chiaro che qui ognuno di noi entra in gioco, e può e deve diventare un attore di una rinascita culturale. Prendiamo esempio dalle nazioni “nordiche”, dagli svizzeri, dai tedeschi, da chi vogliamo, forti delle esperienze e dei successi da questi già ottenuti. Come per gli aspetti, anche in questo settore la presenza di uno strumento apposito non può che favorire il consolidarsi di un circolo virtuoso di conoscenza/propositività/crescita/collettivizzazione delle problematiche sociali, che ci faccia uscire da quello che attualmente a mio modo di vedere è un circolo vizioso di disinteresse/corruzione/sfascio e degrado sociale.

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Indispensabili:Voglia di cambiare – famiglia, sinergie industriali e varie

Posted by giannigirotto su 19 luglio 2010

Proseguo la sintesi di questo libro che ho inserito nella mia sezione “Indispensabili” per la sua proposività. Infatti non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, ma al contrario l’autore è andato a ricercare i modelli di eccellenza che permettono ad altri Paesi di risolvere al meglio tanti problemi. Giusto per darvi un assaggio del contenuto e stimolarvi a leggere questo e gli altri articoli:

– La Svezia ha quasi azzerato le morti bianche, conquistando il primato mondiale della sicurezza sul lavoro grazie all’”ombudsman” dei lavoratori, ovvero il delegato per la salute e la sicurezza.

– Con l’invenzione della corsia dinamica, in Spagna non si vedono più ingorghi in entrata e in uscita dall’autostrada, mentre i treni corrono superveloci.

– A Friburgo, in Germania, i cittadini hanno detto no al nucleare, ma contemporaneamente hanno detto sì alle energie “dolci” e trasformato l’energia solare in un formidabile business.

– L’Inghilterra ha scelto i migliori architetti per progettare case popolari di pregio e quartieri a misura d’uomo, e con controlli severi ha dimezzato le stragi sulle strade.

– I danesi non hanno più l’incubo della precarietà grazie alla “flessicurezza”, che da una parte consente agli imprenditori di licenziare con molta facilità il personale, dall’altra offre al disoccupato un’indennità del 80% dello stipendio e sopratutto un rientro velocissimo nel mondo del lavoro.

Analizziamo quindi il seguente capitolo:

POLITICHE A SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA:Il sostegno alla natalità si concretizza in Finlandia mediante duemila “Health Visitor” (Case della salute) che si occupano di aiutare i neogenitori dall’inizio della gravidanza sino ai tre anni di vita del bambino, seguendo un preciso protocollo che prevede visite, vaccinazioni e altri servizi di supporto. I Finlandesi hanno capito che “prevenire è meglio che curare”, anche economicamente, infatti per esempio…La pre­senza delle Health Visitor garantisce infatti la possibilità di ridurre il tempo della degenza di madre e figlio in ospedale dopo il parto in modo da abbattere il costo del ricovero e permettere un rapido ritorno a casa, con riduzione anche dei rischi di depressione post partum della madre. Gli incontri effettuati dalle Health Vìsitor hanno infatti trasmes­so tutte le informazioni necessarie alla gestione del neonato fin dal momento della nascita……

La Finlandia dedica il 15% della spesa sociale alla famiglia, contro il 4,2% dell’Italia. Viceversa l’Italia spende molto di più per pagare i (percentualmente) molto più numerosi parti cesarei e le altrettanto molto più numerose ecografie pre-parto, che però evidentemente non sono sufficenti ad abbassare il tasso di mortalità neonatale ai livelli finlandesi….

VARIE

– il governo inglese vieta alle amministrazioni pubbliche di negoziare in prodotti derivati con le banche («si occupino di rattoppare le buche dell’asfalto e di garantire i servizi essenziali ai cittadini»), esercizio in cui ci stanno cimentando invece molte municipalità italiane con l’intenzione di risollevare le casse comunali e che si stanno rivelando micidiali bombe finanziarie nei bilanci: per la sola Milano, (fonte «II Mondo») duecento milioni nel 2008 con quattro banche inglesi….

– la Spagna ha ripopolato dei villaggi fantasma, piccoli borghi abbandonati nel sud del paese, con famiglie di immigrati rumeni. Marco Martiniello, docente all’università di Liegi, e uno dei maggiori esperti europei di fenomeni migratori, invita a copiare questo metodo, già adottato anche in Canada, e dice ai governi europei: «Facciamo arrivare famiglie che ripopolino i villaggi abbandonati». Dieci, quindici famiglie alle quali offrono lavoro, casa, servizi…

per ridurre le “stragi del sabato sera” …durante i fine settimana il numero dei mezzi pubblici circolanti nelle principali città inglesi viene potenziato, così da consentire a chi voglia uscire di lasciare l’auto in garage. E i taxi, pur non essendo di proprietà comunale, vengono cooptati e suddivisi in turni, in modo che a qualsiasi ora della notte chi è troppo ubriaco per mettersi al volante possa arrivare a casa sano e salvo a un prezzo contenuto.

Simbiosi industriali per massimizzare l’efficenza e ridurre i costi: Kalundborg (Danimarca) oggi è sede di quattro grandi industrie: Asnaes Power Station, una centrale elettrica alimentata a carbone; Novo-Nordisk, una fabbrica di enzimi e prodotti farmaceutici; Gyproc, una fabbrica di pannelli di cartongesso; Statoil, una raffineria.

Asnaes produce elettricità generando vapore utilizzato dalla Stato il per riscaldare i propri oleodotti (coprendo così il 40 per cento del suo fabbisogno di calore) e dalla Novo-Nordisk (che copre così il 100 per cento del proprio fabbisogno di energia termica) come fonte di pressione e calore. Il resto del vapore è distribuito a un allevamento di pesci e al riscaldamento di tutte le case cittadine. In questo modo l’efficienza del carbone utilizzato dalla centrale elettrica è salita dal 40 percento a più del 90 per cento. Gyproc, invece, beneficia del vapore della Asnaes e del solfato di calcio prodotto dai suoi filtri installati per ridurre le emissioni di zolfo. Il gas, sottoprodotto del processo di raffinazione della Statoil, passa attraverso un processo di desulfurizzazione dal quale esce lo zolfo solido (utilizzato dalla Kemira Acid, una fabbrica della Jut-id) e il gas desulfurizzato, utilizzato da Gyproc e Asnaes invece di essere bruciato. In questo modo Asnaes risparmia trentamila tonnellate di carbone all’anno mentre Gyproc copre il 95 per cento del può fabbisogno di gas. Statoil, inoltre, fornisce le proprie acque di scarto ad Asnaes per il raffreddamento dei suoi boiler (che copre così il 75 per cento del 30 fabbisogno d’acqua). Novo-Nordisk fornisce gratuitamente la propria fanghiglia di scarto, ricca di azoto, agli agricoltori locali, che così arrivano a risparmiare circa cinquantamila euro l’anno di fertilizzanti ciascuno….

Fondi Europei: 35 anni fa gli irlandesi erano agli ultimi posti a livello di ricchezza personale, mentre oggi hanno superato tutti in Europa, passando davanti a tedeschi e inglesi, ed arrivando a tallonare i giapponesi, che sono i più ricchi al mondo. Come? I fondi europei sono stati abilmente usati per creare una rete di infrastrutture modernissime….i governi che si sono succeduti hanno introdotto una serie di agevolazioni fiscali che hanno favorito l’arrivo sull’isola di molte multinazionali….un efficentissimo sistema bancario con accesso per le nuove imprese a linee di credito immediate e a basso costo, unito alla detassazione delle nuove attività imprenditoriali, ha permesso il all’Irlanda….che è diventata…il principale esportatore mondiale di software e servizi del terziario avanzato. La ragione di questo primato risiede nella non tassazione dei diritti d’autore, per cui l’Irlanda viene scelta come base per la commercializzazionein tutto il mondo di molti prodotti coperti da copyright, come la musica e i programmi per computer.

La beffa per noi italiani è che “Nel corso degli anni ’80 e ’90 l’Irlanda ha ricevuto un volume di fondi dall’Unione Europea pari a quelli che sono stati destinati al Sud Italia”…..ma i risultati sono stati molto diversi, ed anzi il l’Italia ha dovuto fisicamente restituire molti miliardi di euro di finanziamenti ricevuti perchè non sono stati spesi…

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Indispensabili – Voglia di cambiare: Turismo

Posted by giannigirotto su 12 luglio 2010

Proseguo la sintesi di questo libro che ho inserito nella mia sezione “Indispensabili” per la sua proposività. Infatti non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, ma al contrario l’autore è andato a ricercare i modelli di eccellenza che permettono ad altri Paesi di risolvere al meglio tanti problemi. Giusto per darvi un assaggio del contenuto e stimolarvi a leggere questo e gli altri articoli:

– La Svezia ha quasi azzerato le morti bianche, conquistando il primato mondiale della sicurezza sul lavoro grazie all’”ombudsman” dei lavoratori, ovvero il delegato per la salute e la sicurezza.

– Con l’invenzione della corsia dinamica, in Spagna non si vedono più ingorghi in entrata e in uscita dall’autostrada, mentre i treni corrono superveloci.

– A Friburgo, in Germania, i cittadini hanno detto no al nucleare, ma contemporaneamente hanno detto sì alle energie “dolci” e trasformato l’energia solare in un formidabile business.

– L’Inghilterra ha scelto i migliori architetti per progettare case popolari di pregio e quartieri a misura d’uomo, e con controlli severi ha dimezzato le stragi sulle strade.

– I danesi non hanno più l’incubo della precarietà grazie alla “flessicurezza”, che da una parte consente agli imprenditori di licenziare con molta facilità il personale, dall’altra offre al disoccupato un’indennità del 80% dello stipendio e sopratutto un rientro velocissimo nel mondo del lavoro.

Esaminiamo ora il seguente capitolo:

GRAN TURISMO ALLA FRANCESE

Partiamo da dei dati di fatto… la Francia è ormai stabilmente, dal 1990, prima potenza turistica mondiale ….. Titolo che nel 1970 spettava all’Italia. Sì, eravamo il paese più visitato al móndo. Oggi siamo al quinto posto…..e l’Associazione mondiale delle imprese turistiche ha de­classato l’Italia al centosettantatreesimo posto (su centosettantasei paesi!) per le prospettive di crescita nel settore. A questo si aggiunge una rete logistica (autostrade e ferrovie) che in Italia è molto meno efficente che in Francia.

Vediamo ora alcuni punti pratici di offerta turistica:

Noi italiani siamo stati i primi al mondo nel turismo termale: ri­sale agli antichi Romani la formula Spa, ovvero Salus per aquam. Le antiche terme non si limitavano ad avere una funzione meramente curativa, ma offrivano anche un carattere ricreativo, Ebbene, in Francia sono riusciti a trasformare questa attrazione in un’attività che tutto l’anno si muove e gratifica ed è diventato un prodotto tu­ristico sempre godibile. Da noi, invece, le domeniche e l’inverno è regola trovare chiusi gran parte degli stabilimenti, tranne rare ecce­zioni …. Così la felice in­tuizione del “mare da vivere d’inverno” è difficile che faccia aumen­tare i pernottamenti.»

– dalla Camargue alla Loira. In questi tratti di Fran­cia la navigazione di fiumi e canali è principale affare turistico. Sono più di trecento le società che gestiscono il business del­l’acqua dolce. Tutta l’Europa si è mossa in questa dirczione. Già oggi esistono venticinquemila chilometri di idrovie. In Inghilterra è stata restaura­ta la rete dei canali per facilitare il transito dei battelli. In Germania su Reno, Danubio ed Elba viaggiano ogni anno cinquecentomila vi­sitatori. Ma parliamo della Loira, che con i suoi mille chilometri è il fiume più lungo della Frància. Le sue acque, sulle quali si posarono gli ultimi sguardi di Leonardo da Vinci, sono navigabili da sempre, e offrono uno spettacolo di natura e arte con la presenza di ben seicen­to castelli (i nostri «cugini» hanno capito che con la storia si fanno affari). «Dei 652 chilometri del Po, invece, solo una parte è navigabi­le. La parola d’ordine dovrebbe essere: estendere la rete. Ma andare da Milano a Venezia via fiume resta un sogno. E in Lombardia i na­vigli leonardeschi sono da mezzo secolo quasi tutti chiusi alla naviga­zione. Sono stati costruiti ponti raso acqua che impediscono il pas­saggio delle barche…. Milano era una città d’acqua meravigliosamente raccontata prima da Petrarca e secoli do­po dai grandi dell’Ottocento. I navigli sono una rete viva ancor oggi. Ripristinare la navigabilità e riqualificare il patrimonio delle case, vil­le e borghi sulle sponde potrebbe non solo consentire alle giovani coppie di avere case ad affitti o a prezzi d’acquisto accettabili, ma an­che far nascere un’offerta alberghiera piacevole e a minor prezzo che in città.»

Maison de la France: è l’organismo incaricato di promuovere l’immagine della Francia all’estero, diventato un modello. Oggi conta oltre mille associati contro i settanta del 1987, quando fu creata, e gode di un bilancio di set-tantacinque milioni di euro, tre volte il fondo del nostro Enit. La lezione principale della Maison è che l’immagine del paese all’estero non può più essere gestita dalle regioni con politiche differenziate, ma va ripresa in mano da una cabina di regia unica, che rafforzi il marchio Italia. Anche perché la meta per le vacanze individuata come la più interessante dai nostri ricercatori all’estero è proprio l’Italia: però poi il sogno non si realizza perché insorgono mille difficoltà. «Quindi una Casa Italia e un sito internet italia.it finalmente attivo e funzionante secondo le tre E propugnate dalla Corte dei Conti: economico, efficace, efficiente. E, nella prossima legge Finanziaria, promuovere un “piano bellezza” basato su un’altra tripla, una tripla A: ammodernare, abbellire, accelerare. Auspico che nella prossima Finanziaria ci sia posto per un grande progetto di ammodernamento dei nostri hotel. Non solo per introdurre internet, ma anche per bagni più adeguati e arredamenti degni del made in Italy. «Penso a misure che facilitino il rinnovamento dell’intero patrimonio alberghiero, dall’armadio alle luci, dai mobili al sofà, alle tecnologie di climatizzazione e riscaldamento. Come? Grazie a una fiscalità e a mutui agevolati, come è già avvenuto felicemente per la ristrutturazione delle case. Molti operatori privati si danno da fare ma sono soli. Occorre poi frenare i prezzi, liberare più spiagge, rendere sempre più il paese un museo a ciclo aperto, favorire i collegamenti con le piccole Italie e valorizzarne le attrattive, comunicare meglio le mete, pensare meno al turismo di massa. Insomma, imitare la Francia.

E poi una sana autocritica; qui in Italia non trattiamo abbastanza bene i turisti, e parlo in primis per gli operatori del settore, ma in generale anche per tutti i cittadini. Guardiamo invece con ammirazione cosa ha detto …il responsabile del Turismo francese, Lue Chatel, con un coraggioso atto di umiltà ha invitato nel settembre 2007 i suoi connazionali a rimboccarsi le maniche e a essere più pazienti e più sorridenti con i visitatori. Ecco le sette regole di buona educazione che Chatel (ex portavoce del presidente Nicolas Sarkozy) ha dettato agli addetti e più in generale ai francesi a contatto con il grande pubblico:

1) siate i primi a salutare il turista straniero; 2) non gettate il resto sul bancone con malagrazia e siate pazienti nelle trattative; 3) se sapete un po’ di inglese, non fate fìnta di non conoscerlo. Siate coraggiosi e generosi: usatelo con gli stranieri; 4) se i turisti che vengono dall’estero cercano di parlarvi in francese, non mostrate fastidio per i loro errori; 5) i dipendenti delle poste agli sportelli dovrebbero portare delle spille che indicano con chiarezza quali lingue parlano; 6) appendete un cartello con la scritta «benvenuti» alla vostra vetrina. Meglio ancora se il cartello è in più lingue; 7) se non siete in grado di seguire questi consigli, allora siate almeno gentili e sfoggiate sempre un bel sorriso.

Mentre, rivolto ai cittadini ed alle comunità è ….il decalogo del sociologo Domenico De Masi, per tre anni assesso­re di Ravello, sulla costiera amalfitana, per coloro che vogliono coltivare e au­mentare la bellezza del loro luogo:

1) Eliminate quel che c’è di brutto nel vo­stro centro ed educate i ragazzi ad amare i punti belli della loro città; 2) il punto in cui è nato un poeta o è avvenuto un incontro storico importante de­ve diventare il cuore del paese; 3) fate incontrare gli «spiriti» del posto affin­chè costruiscano qualcosa di grande per la vostra terra; 4) rispettate i visitato­ri, affinchè i visitatori rispettino il luogo; 5) assicurate la qualità dei servizi e l’equità dei loro costi; 6) fate capire ai commercianti che parte del loro guada­gno deve essere restituito alla città. Tutto servirà per abbellire e rendere più funzionale il vostro luogo; 7) esaltate anche gli altri punti di un centro: cultu­ra contadina, arti minori, borgo di pescatori e così via; 8) ottenete dagli am­ministratori pubblici una promessa: se non raggiungono l’obiettivo, dovran­no dimettersi; 9) procuratevi e trasmettete le informazioni con accuratezza; 10) contribuite personalmente all’ulteriore perfezionamento dello spirito del vostro paese.

E come si vede quindi c’è bisogno dell’impegno di tutti…..!

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Indispensabili – Voglia di cambiare: Mobilità (strade e ferrovia)

Posted by giannigirotto su 7 luglio 2010

Proseguo la sintesi di questo libro che ho inserito nella mia sezione “Indispensabili” per la sua proposività. Infatti non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, ma al contrario l’autore è andato a ricercare i modelli di eccellenza che permettono ad altri Paesi di risolvere al meglio tanti problemi. Giusto per darvi un assaggio del contenuto e stimolarvi a leggere questo e gli altri articoli:

– La Svezia ha quasi azzerato le morti bianche, conquistando il primato mondiale della sicurezza sul lavoro grazie all’”ombudsman” dei lavoratori, ovvero il delegato per la salute e la sicurezza.

– Con l’invenzione della corsia dinamica, in Spagna non si vedono più ingorghi in entrata e in uscita dall’autostrada, mentre i treni corrono superveloci.

– A Friburgo, in Germania, i cittadini hanno detto no al nucleare, ma contemporaneamente hanno detto sì alle energie “dolci” e trasformato l’energia solare in un formidabile business.

– L’Inghilterra ha scelto i migliori architetti per progettare case popolari di pregio e quartieri a misura d’uomo, e con controlli severi ha dimezzato le stragi sulle strade.

– I danesi non hanno più l’incubo della precarietà grazie alla “flessicurezza”, che da una parte consente agli imprenditori di licenziare con molta facilità il personale, dall’altra offre al disoccupato un’indennità del 80% dello stipendio e sopratutto un rientro velocissimo nel mondo del lavoro.

Analizziamo quindi il seguente capitolo:

LOGISTICA E MOBILITA’

Una prima innovazione che merita attenzione è la “corsia dinamica”, che gli spagnoli chiamano “Bus-Vao”, e che ha ottenuto il risultato di eliminare code ed inghorghi del traffico pendolare nelle autostrade che circondano le grandi città. E’ un piccolo uovo di colombo: …una corsia preferenziale a senso unico alternato con due carreggiate. La mattina dei giorni la­vorativi il senso di marcia va dalla periferia al centro di Madrid, la sera dal centro alla periferia. Ma attenzione, gli unici veicoli autorizzati a usare la «corsia dinamica” sono gli autobus e le automobili con almeno due passeggeri….

Parlando di mobilità in generale…tra i grandi paesi europei, l’Italia presenta il massimo squilibrio a favore del trasporto su gom­ma e più elevata quantità prò capite di mobilità motorizzata: quindicimiladuecento chilometri/abitante annui, +22 per cento sulla media europea, +44 per cento rispetto alla Germania…..In Italia, delle duecentoquaranta opere definite dal governo prioritarie, meno di una decina riguardano la mobilità urbana. E questo nonostante che il 64 per cento del traffico automobilistico si svolga nel raggio di cinque chilometri dal centro delle città e il 19 per cento entro un raggio di dieci chilometri (cioè entro i sedici chilometri della spa­gnola «corsia dinamica»).

Gli spagnoli vanno giustamente fieri dei loro treni ad alta velocità….sono talmente puntuali che le ferrovie spagnole, prime al mondo, assicurano sulle tratte ad alte velocità il rimborso del 100% del prezzo del biglietto per ritardi superiori ai cinque minuti (sì, avete letto bene: cinque minuti!)……La linea tra Madrid e Siviglia è stata la prima rete spagnola ad adottare il sistema di alta velocità già in funzione in Giappone, Francia e Germania. La costruzione di questo tratto Ave fu decisa nel 1988 dal governo socialista di Felipe Gonzalez. Il costo fu di ventisette milioni di euro (la quarta parte finanziata dai fondi dell’Unione europea). Dopo quattro anni di lavori la linea fu inaugurata nell’aprile 1992. Gli ultimi tagli di nastro Zapatero li ha fatti (a opera completata, non al varo di un progetto come si usa fare da noi, per esigenze televisive) nel 2007….(inoltre il costo al Km per la Spagna è di 12 milioni al Km contro i 37 dell’Italia, ed inoltre li spagnoli hanno utilizzato gli aiuti Comunitari, noi no…)….L’obiettivo del nuovo Piano strategico di infrastrutture e trasporti (in sigla, Pett) 2005-20, approvato dal governo Zapatero, è quello di sostituire la vecchia rete a raggio con un sistema a forma di maglia che unisca tutti i capoluoghi di regione tramite autostrada o ferrovia. Per ottenere questo obiettivo la rete ad alta velocità dovrà passare dagli attuali 1543 chilometri a diecimila chilometri….

Ma ferrovie spagnole non significa solo alta velocità, la Spagna ha altri tre obiettivi:

– valorizzare il patrimonio ferroviario minore, ancora in esercizio, con tutte le sue potenzialità per il «turismo dolce»;

– rimettere in funzione alcune ferrovie da tempo soppresse ma che potrebbero svolgere ancora un utile servizio, specialmente nella prospettiva di una trasformazione in senso ecologico della mobilità delle persone;

– trasformare le ferrovie dismesse in piste ciclo-pedonali. In quest’ultimo settore, che qui chiamano Vias verdes (in inglese, Greenways), la Spagna batte tutte le altre nazioni che hanno già pedalato in questo senso, incoraggiando questa mobilità turistica ecosostenibile…..

«Prendete una ferrovia, che sia abbandonata da trenta-quarant’anni; accertatevi che non passino più treni; togliete con cura binari e traversine. A parte prendete le stazioni, svuotatele e metteci un ripieno di caffè, piccoli ristori, ostelli e centri informazioni. Poi stendete sulla vecchia ferrovia una sfoglia leggera di terra battuta e lasciate asciugare. Infine mettete assieme tutto, lasciate rassodare e servite in bicicletta». Ecco il nuovo piatto forte spagnolo: le Vias verdes. Un menu di milleseicento chilometri di ferrovie dimenticate che sono state trasformate in splendide piste ciclabili per i bikers più accaniti o per le famiglie in cerca di svago. C’è da perderci la testa o programmare subito una vacanza su due ruote perché di Vias verdes ce ne sono in tutta la Spagna e, insieme, formano una rete ciclabile unica nel suo genere. «Con questa operazione abbiamo ottenuto tre importanti traguardi: incoraggiare la mobilità sostenibile; incentivare nuove forme di turismo “dolce”; riabilitare la memoria e il patrimonio ferroviario storico.»

Altri strumenti utilizzati per decogestionare il traffico cittadino: Le realizzazioni più recenti hanno nomi esotici per i locali: Bi-cing e Trixi. Il primo è il sistema lanciato dalle autorità comunali, investendo i soldi delle multe e dei parcheggi, per ridurre l’inquinamento e sfoltire il congestionamento del traffico: il bici sharing (www.bicing.com). Chi fa spostamenti quotidiani di meno di trenta minuti può usufruire di questo comodissimo mezzo di trasporto che costa soltanto ventiquattro euro l’anno. In tutta la città catalana hanno installato duecento stazioni-parcheggio per un totale di tremila biciclette. Da quando è entrato in funzione, dal marzo 2007, Bicing conta già più di centomila abbonati sta diventando il mezzo di trasporto favorito per andare al lavoro o per uscire. II servizio è totalmente automatico: basta andare a un parcheggio Bicing, far passare la propria scheda al lettore ottico e aspettare che sullo schermo compaia il numero di bicicletta che si può prendere. Una volta arrivati a destinazione basta recarsi alla più vicina stazione Bicing e incastrare la bicicletta in una postazione libera (come da noi con i carrelli della spesa nei supermercati). Se si superano i primi trenta minuti si paga un plus di trenta centesimi per i trenta minuti successivi (fino a un massimo di due ore). Bicing funziona dalle 5 del mattino alle 24 (il venerdì e sabato 24 ore su 24). Barcellona è stata anche la prima città del Mediterraneo ad attivare un mezzo di trasporto alternativo già sperimentato in Europa a Londra, Copenhagen, Amsterdam e in alcune città tedesche (eh sì, gli amministratori catalani sanno applicare la teoria della buona emulazione). Si chiama Trixi, sono veri e propri taxi a forma di triciclo. Totalmente ecologici e silenziosi (un motore elettrico aiuta l’autista a pedalare), possono trasportare due persone oltre all’autista. Mezzo di trasporto ideale per i turisti che senza stress vanno a passeggio per la città. Funzionano dalle 11 alle 20 e le tariffe vanno da un minimo di sei euro per un quarto d’ora a un massimo di diciotto per un’ora….Con l’aiuto di tecnologie nuove e sempre più amiche, Barcellona ha ottimizzato il controllo del traffico. Per esempio, sulla Diagonal, la strada che, come dice il nome stesso, attraversa l’intera città in diagonale, si utilizza la strategia delle corsie dinamiche, quelle in grado di poter essere occupate dal senso di marcia di maggior traffico, utilizzate anche a Madrid, come abbiamo visto. I semafori sono sincronizzati per una velocità oraria pari a cinquanta chilometri: rispettando questa andatura è possibile trovare un numero di semafori verdi quasi all’infinito. Sensori magnetici posti sotto l’asfalto rilevano le corsie che hanno maggiore bisogno del segnale verde, limitando le soste inutili quando nelle corsie opposte non passa nessuno. In più, collegandoti via internet, hai in tempo reale la situazione del traffico urbano offerto da una serie di telecamere piazzate nelle strade chiave, e scopri dove sono i parcheggi disponibili.

Metro: a Madrid si contano oltre 177 chilometri di binari (a Milano, che pure eccelle, sono 70) sui quali sfrecciano di continuo, tranne quattro ore di pausa notturna, le 1277 vetture che collegano 158 stazioni (servite da 975 scale mobi­li e 141 ascensori) di 12 linee che coprono tutta l’area urbana e alcuni punti di quella metropolitana, compreso l’aeroporto di Barajas distante 13 chilometri.

Taxi: con la liberalizzazione del mercato, dal 2003, a Barcellona ci sono dieci taxi ogni mille abitanti, contro i due di Roma e l’1,5 di Milano. Al mondo so­lo Washington ne ha di più: dodici ogni mille abitanti: per gli utenti italiani, sfiancati da auto bianche rare e costose, Barcellona è il paradiso dei taxi. I do­dicimila tassisti della città si aggiornano sul futuro della professione con la Fie­ra del Taxi: nuove tecnologie per monitorare il traffico, evitare gli ingorghi, portare i clienti a destinazione in fretta per soddisfarli il più possibile e, al con­tempo, fare più corse.

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Integro questo capitolo con un estratto da un articolo di Altroconsumo (nel quale si parla della situazione del trasporto pubblico in Italia), che riporta un’intervista all’Ente deputato a ricercare migliori soluzioni sul tema, e tre esempi di eccellenza in Europa.


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Indispensabili – Voglia di Cambiare: La Casa ideale a costi sostenibili

Posted by giannigirotto su 5 luglio 2010

Proseguo la sintesi di questo libro che ho inserito nella mia sezione “Indispensabili” per la sua proposività. Infatti non è l’ennesimo testo di mera denuncia delle grandi e piccole disgrazie che affliggono vuoi l’Italia vuoi il mondo in generale, ma al contrario l’autore è andato a ricercare i modelli di eccellenza che permettono ad altri Paesi di risolvere al meglio tanti problemi. Giusto per darvi un assaggio del contenuto e stimolarvi a leggere questo e gli altri articoli:

– La Svezia ha quasi azzerato le morti bianche, conquistando il primato mondiale della sicurezza sul lavoro grazie all’”ombudsman” dei lavoratori, ovvero il delegato per la salute e la sicurezza.

– Con l’invenzione della corsia dinamica, in Spagna non si vedono più ingorghi in entrata e in uscita dall’autostrada, mentre i treni corrono superveloci.

– A Friburgo, in Germania, i cittadini hanno detto no al nucleare, ma contemporaneamente hanno detto sì alle energie “dolci” e trasformato l’energia solare in un formidabile business.

– L’Inghilterra ha scelto i migliori architetti per progettare case popolari di pregio e quartieri a misura d’uomo, e con controlli severi ha dimezzato le stragi sulle strade.

– I danesi non hanno più l’incubo della precarietà grazie alla “flessicurezza”, che da una parte consente agli imprenditori di licenziare con molta facilità il personale, dall’altra offre al disoccupato un’indennità del 80% dello stipendio e sopratutto un rientro velocissimo nel mondo del lavoro.

Vediamo ora il seguente capitolo:

LA CASA IDEALE A COSTI SOSTENIBILI

vediamo subito alcuni concetti specifici….:

presto nessuna casa potrà essere più costruita in Gran Bretagna senza un certificato di garan­zia ecologica;

– Basta case a due piani, sono invivibili per gli anziani. La casa adeguata per tutte le fasi della vita, preferibilmente su un piano solo, invece di costare farebbe risparmiare al contribuente ol­tre otto miliardi di euro nei prossimi sessant’anni. Perché ridurrebbe la necessità di ristrutturazioni da parte di anziani non più in grado di fare le scale o di stare da soli e abbatterebbe le spese a carico della comunità per pensionati e ospizi. Come deve essere la casa ideale per gli anziani? Eccola: posto auto fino a 3,3 metri di larghezza. Sentiero che porta dal box alla casa, così come tutti gli ingressi, a livello strada. Porte larghe almeno 75 centimetri e corridoi almeno 90 centimetri. Spazio per girare in car­rozzella in tutte le stanze. Sala da pranzo e una stanza da letto a pian­terreno. Bagni accessibili con la sedia a rotelle e provvisti di corri­mano. Possibilità di mettere un ascensore per disabili sulle scale. Prese, interruttori e altri comandi accessibili a tutti.

– Il colosso svedese Ikea sbarca in Gran Bre­tagna con la società Boklok che, dopo i mobili, vuole vendere agli inglesi il proprio modello Live-Smart di casa …… L’accordo con il governo, pre­vede la costruzione, da un capo all’altro del Regno Unito, di interi villaggi prefabbricati.

– dal 2016 tutte le nuove abitazioni siano a emissione zero di anidride carbonica. Un esempio concreto su tutti è la lottizzazione di BedZed, la prima cittadella simbolo di una «ur­banizzazione sostenibile»….«BedZed significa Beddington Zero Energy Development (zero impiego di idrocarburi) ….. Per costruire BedZed sono stati usati perlopiù materiali di recupero: le strutture d’acciaio di una vecchia stazione e di una centrale per la depurazione delle acque, il legno e il vetro provenienti dai cantieri della zona. I materiali nuovi sono stati ac­quistati a non più di cinquanta chilometri, per facilitare il traspor­to e ridurre le emissioni nocive di auto e camion. …… i muri sono spessi settanta centimetri, cioè due o tre volte quelli delle normali costruzioni. Sono formati da due strati di mattoni, E tutte le case sono orientale verso sud, per poter immagazzinare il massimo del calore.» La caldaia, comune all’intero complesso, è alimentata con legno di alberi abbattuti. L’acqua piovana viene raccolta dalla grondaia verso un serbatoio, pronta per essere riutilizzata per l’irrigazione o gli usi domestici. I bagni funzionano grazie a speciali raccoglitori dell’acqua piovana, che viene purificata e riciclata biologicamente su un letto di canne. Le pareti delle case sono ermeticamente coi­bentate per impedire lo scambio di calore con l’esterno, non solo tramite l’installazione di doppi e tripli vetri alle finestre ma anche e soprattutto nella scelta dei materiali di costruzione. Gli abitanti di qui producono localmente il 20 per cento dell’energia elettrica e, grazie ai minori sprechi energetici, abbattono del 25 per cento la restante bolletta di gas ed elettricità, e del 50 per cento il consu­mo di acqua rispetto a una normale abitazione inglese. Laddove non arriva l’architettura subentrano le regole del vivere civile. Per esempio ci si sposta con il car sharing, cioè con la condivisione delle quattroruote: alcune vetture elettriché sono gestite in comune dagli abitanti…..e questi sono stati appositamente mescolati come età e tipologia, per creare un miscuglio il più possibile eterogeneo…..

Quanto sopra si unisce alla facilità, velocità e “cambiabilità” nel mercato dei mutui-casa, con pratiche che si possono fare anche al telefono e portano all’erogazione del prestito in una settimana….

Da noi l’edilizia sociale, cancellata dall’ideologia liberista, è un elenco di inadempienze, di disinteresse e di voracità dello Stato. La tassazione porta via agli enti di gestione delle case popolari fino al 35 per cento degli introiti degli affìtti con il peso sociale di un’e­mergenza che rischia di sfuggire di mano: perché aumentano gli abusivi (un inquilino su cinque), i delinquenti, i taglieggiatori, i clandestini, quelli che fanno paura agli anziani soli e agli onesti barricati nei casermoni delle perfìerie urbane, costretti a rendere conto a improponibili capibastone, i nuovi boss del mercato degli affitti. La politica ha usato le case popolari come una mangiatoia per i voti, senza contrastare con un piano vero il degrado e il fabbi­sogno abitativo. Nelle case popolari italiane ormai un abitante su due è un anziano che fa fatica a tirare a fine mese. Ma c’è una mas­sa crescente di richieste inevase, a Roma mancano almeno ventitremila alloggi e a Milano quasi diciassettemila. Gli enti sono soffoca­ti, non ci sono i soldi, i fondi statali sono prosciugati e anche le re­gioni, cui spetta un ruolo decisivo, avviano pochi programmi e ba­dano a gestire il patrimonio esistente: se ne vanno per un terzo in Irpef, Irpeg, Ici e altro. E poi aumenta la pressione degli immigrati: in certe case di cinquanta metri quadrati dormono anche in otto nei letti a castello. La situazione riassunta in pochi numeri:

– 270 miliardi di euro: il valore sul mercato del patrimonio di case possedute dallo Stato. Ma che dal 2002 al 2006 ci è costato oltre novecento milioni di euro. Tra occupazioni abusive (un inquilino su cinque), gestioni clientelari e inquilini morosi.

– 1.100.000: gli alloggi disponibili in Italia, secondo Federcasa, il triplo che in Francia e in Gran Bretagna.

– 62.000: le unità abitative nella sola città di Milano e provincia. Si tratta del maggior patrimonio immobiliare pubblico. Nel 2006 nel capoluogo lombardo sono stati aggiudicati 322 appartamenti. Altri 140 sono stati occupati.

– 600.000: le case popolari mancanti in Italia, in base alle domande inevase.

– 14,39: la percentuale degli alloggi dell’Istituto case popolari (lacp) occupati in Sicilia senza titolo rispetto al totale degli alloggi gestiti. L’isola è in testa a questo fenomeno, seguita dalla Campania (13,58 per cento).

– 9,7 per cento: il peso (per spese e affino) sul bilancio familiare nel Regno Unito. In Italia sale al 24,7 per cento.

riqualificare il vecchio, anzichè costruire sempre nuovo: a Londra stanno… riqualificando un territorio di sessantacinque chilometri lungo le rive del Tamigi, pieno …di industrie in abbandono (come a Milano, dove le aree industriali dismesse sono la maggiore risorsa territoriale esistente). È una miniera preziosa di 3150 ettari di terreno edificabile che sarà trasformato, entro il 2016, in centosessantamila unità immobiliari, dall’architettura moderna ed ecosostenibili. «Entro il 2008 saranno pronte trentamila case da destinare alle categorie più deboli, che potranno affittarle con le medesime modalità vigenti per le case popolari»…… Oltre a venire incontro all’ingente richiesta di alloggi, il progetto produrrà anche centottantamila nuovi posti di lavoro.

Infine gli inglese sono riusciti a riportare in ottime condizioni proprio il Tamigi, che era ormai moribondo, attraverso una serie di interventi semplici e di buon senso che neppure voglio elencare, visto che qui in Italia non sono le leggi che mancano ma la volontà di farle applicare…..e le classi dirigenti preferiscono ancora pensare all’ambiente come ad una discarica inesauribile, credendosi immuni dalle leggi della chimica del ciclo alimentare…

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